di La casa delle luci
#CORONAVIRUS
Il parere degli esperti: i test
Per rispondere in modo più approfondito ad ogni quesito da parte delle famiglie che affidano a La Casa delle Luci i loro figli è nata l’idea di una rubrica per raccogliere e condividere pareri di esperti e consigli utili per affrontare l’emergenza. In questo momento di ripresa abbiamo chiesto al Dott. Lucio Rovati, Chief Executive Officer e Chief Scientific Officer di Rottapharm Biotech, qualche chiarimento sui test diagnostici disponibili per il nuovo Coronavirus e su come utilizzarli per aumentare la sicurezza di tutti.
Le riflessioni che seguono scaturiscono dalla preziosa consulenza del Dott. Rovati su come poter affrontare una ripartenza in sicurezza per le attività de La Casa delle Luci e accompagnano la sua gentile donazione di una fornitura di test sierologici rapidi che ci hanno permesso di avviare nuovamente i nostri week-end di autonomia Giorni Diversi.
Il nuovo Coronavirus (scientificamente SARS-CoV-2 e che è responsabile della malattia detta COVID-19) ha sconvolto la vita di tutti noi.
Tutt’ora, e anzi soprattutto ora, è importante capire quali sono i test diagnostici disponibili per documentare una eventuale infezione e di conseguenza adottare le misure necessarie a evitare possibili focolai e consentire le normali attività di una comunità in sicurezza, soprattutto in contesti difficili.
Esistono due tipi di indagini ben distinte: i test sierologici e i test per la presenza del virus (a oggi, soprattutto i cosiddetti tamponi).
TEST SIEROLOGICI
I test sierologici verificano la presenza nel sangue di anticorpi contro il virus e quindi documentano un eventuale contatto precedente con il virus stesso, in qualsiasi momento dall’inizio della pandemia ai 7-15 giorni precedenti l’esecuzione del test.
Essi documentano quindi una avvenuta infezione e la reazione dell’organismo appunto con lo sviluppo di anticorpi (IgG, i più importanti, o IgM). Una infezione precedente può essersi verificata indipendentemente dallo sviluppo o meno di sintomi da COVID-19 (molti soggetti infetti sono “asintomatici”, cioè non presentano sintomi). Soprattutto, potrebbe essere già risolta e il virus non essere più presente nell’organismo.
Infatti, i test sierologici non dicono se il virus è ancora presente nell’organismo, ma solo che c’è stata un’infezione. Di conseguenza, un test sierologico positivo NON indica che il soggetto ha una infezione da Coronavirus in atto. In caso di positività, è bene quindi assicurarsi che il virus non sia più presente e quindi che il soggetto non sia “contagioso”, effettuando immediatamente un test per la presenza del virus (il tampone). Per precauzione, il soggetto rimane in isolamento fino al risultato del tampone.
È importante sapere che gli anticorpi non si sviluppano immediatamente a seguito dell’infezione, ma il nostro organismo necessita di qualche giorno per produrli: per questo potrebbero non essere evidenziabili prima di 7-15 giorni dall’infezione (in media e in modo molto conservativo). In caso quindi di infezione molto recente, il test sierologico potrebbe risultare ancora negativo.
In qualsiasi malattia infettiva, la presenza di anticorpi documenta anche un certo grado di immunità contro quella infezione, che in genere non viene contratta una seconda volta. Nel caso del Coronavirus, ciò non è ancora noto e quindi sarebbe improprio considerare il soggetto positivo al test sierologico e in cui il virus non è più presente, come “immune”. Per il momento, quindi, tale positività non conferisce alcuna “patente di immunità”, almeno fino a quando le nostre conoscenze non saranno più approfondite.
I test sierologici sono di due tipi: quelli che chiameremo “test sierologici convenzionali” e i cosiddetti “test sierologici rapidi”.
Test sierologici convenzionali (mediante prelievo di sangue venoso)
Si effettuano appunto mediante il prelievo di una piccola quantità di sangue venoso, come per un qualsiasi esame di laboratorio. Necessitano quindi l’intervento di un medico o di un infermiere. Il prelievo deve essere analizzato con macchinari complessi da un laboratorio specializzato, che necessita di qualche ora per fornire il risultato: è difficile che il referto venga consegnato al soggetto (esterno, quindi ovviamente non ricoverato) in meno di 24-48 ore, anche se può essere necessario più tempo a seconda del carico di lavoro del laboratorio.
In compenso però, i test sierologici convenzionali sono molto precisi e riescono a individuare la quasi totalità dei soggetti (oltre il 95%) in cui gli anticorpi sono presenti, fornendo anche una quantificazione degli anticorpi presenti (per questo vengono anche definiti “quantitativi”).
Test sierologici rapidi (mediante prelievo di sangue capillare, o “pungidito”)
Sono da considerare test sierologici a tutti gli effetti. Si preleva qualche goccia di sangue mediante la puntura con uno spillo da un polpastrello (anche se banale, è sempre bene che il prelievo sia effettuato da personale specializzato, trattandosi comunque di una procedura che definiremo “invasiva”). Il risultato viene ottenuto dall’operatore direttamente nel giro di meno di 10 minuti, ponendo le gocce di sangue su una piccola tavoletta che contiene i reagenti necessari.
È intuitivo che, rispetto al test sierologico svolto in laboratorio con macchinari ben più complessi, il risultato sia solo “qualitativo” (positivo o negativo, senza quantificazione) e che possa essere meno preciso. Però, la cosiddetta sensibilità (cioè la capacità di identificare un soggetto positivo) è molto buona e si avvicina al 95% per i migliori di questi test. La possibile minore sensibilità è ben bilanciata dalla semplicità del test e dalla possibilità di effettuare screening rapidi e ripetuti su molti soggetti: l’ideale in contesti difficili. Quindi, non dobbiamo avere remore nell’utilizzarli.
Come per il test sierologico convenzionale, in caso di positività si deve eseguire immediatamente il tampone, per escludere la presenza di una infezione ancora in atto. Potrebbe essere anche utile (ma non indispensabile) confermare il risultato con un test sierologico convenzionale (prelievo venoso) per avere una “quantificazione” o comunque per accertare veramente la presenza di anticorpi: infatti più che la loro “sensibilità” è a volte problematica la cosiddetta “specificità” e quindi il fatto che un numero molto ridotto di soggetti (intorno al 5%) sia “falso positivo” al test rapido e quindi non abbia in realtà anticorpi (ma l’esecuzione del tampone avrà in ogni caso escluso una infezione in atto).
TEST PER LA PRESENZA DEL VIRUS (TAMPONI)
Come descritto, i test sierologici non dicono se il virus è ancora presente. L’unico modo oggi per verificare se l’infezione è attiva, è eseguire il cosiddetto tampone naso-faringeo.
Anche in questo caso ne esistono due tipi, che chiameremo “tamponi convenzionali” e “tamponi rapidi”
Tamponi convenzionali (molecolari)
Si effettuano mediante l’inserimento e il breve strofinamento nel naso e nella faringe di una sorta di lungo cotton fioc. La procedura crea pochissimo fastidio ed è molto veloce (pochi secondi). Deve ovviamente essere eseguita da personale medico o infermieristico adeguatamente addestrato alla manovra, che è comunque molto semplice.
Il test rileva la presenza dell’RNA virale, quindi del materiale genetico del virus, ed è considerato lo standard assoluto per documentare la presenza del virus e quindi di una infezione verosimilmente in atto.
Necessita di un laboratorio specializzato e macchinari complessi. Il risultato sarà disponibile dopo non meno di 6 ore e il referto difficilmente verrà rilasciato prima di 24-48 ore o anche dopo un tempo più lungo.
Se la manovra è eseguita correttamente, il risultato è molto affidabile (e infatti rappresenta lo standard di riferimento). È da notare comunque che il virus potrebbe non essere rilevabile nel periodo di “incubazione”, cioè nei primi 3-5 giorni dopo l’infezione.
Tamponi rapidi (antigenici)
La manovra è identica a quella del tampone convenzionale. Ma in questo caso l’analisi avviene sul posto, con una procedura simile a quella dei test sierologici rapidi e con il risultato disponibile all’operatore in circa 15 minuti.
Si differenzia dal tampone convenzionale, perché non documenta la presenza dell’RNA virale, ma di cosiddetti antigeni del virus (frammenti di componenti del virus, ad es. proteine). Per questo motivo e per l’uso di una tecnica di analisi semplificata (che non richiede macchinari e quindi un laboratorio), la sensibilità è inferiore. Oggi essa è tra l’85% e il 90% (in pratica, su 10 soggetti sicuramente infetti, 1 rischia di non essere identificato), ma sono in via di sviluppo tamponi rapidi più precisi.
In ogni caso, i tamponi rapidi sono estremamente utili in caso di contesti difficili, numeri rilevanti di soggetti da testare, possibilità di ripetere facilmente il test, a fronte di un costo molto più contenuto rispetto ai tamponi convenzionali.
Altri test meno invasivi prossimamente disponibili in sostituzione dei tamponi
Anche se semplice e poco fastidioso, il tampone è comunque una procedura invasiva che potrebbe essere non gradita, soprattutto se effettuata ripetutamente, da soggetti sensibili o comunque fragili.
Sono pertanto in fase finale di approvazione dei test che identificano la presenza del materiale genetico del virus nella saliva, il cui “prelievo” è ovviamente non invasivo e meno complesso. I primi studi suggeriscono addirittura che il test sulla saliva potrebbe essere più efficiente rispetto al tampone, identificando tra l’altro i soggetti infetti più precocemente, ma altri studi sono in corso per determinare le differenze fra i due test.
In ogni caso, la semplicità della modalità di prelievo è tale che il test sulla saliva rappresenterebbe un vantaggio enorme rispetto al tampone.
Oggi il test si analizza in un laboratorio specializzato, ma in futuro verranno sicuramente sviluppati dei test salivari rapidi, chiudendo il cerchio di un buon equilibrio fra rapidità ed efficienza.
CONCLUSIONI
I test sierologici rapidi sono il test più efficiente per documentare un contatto precedente (non necessariamente in atto) con il virus, soprattutto quando i soggetti da testare in una comunità sono numerosi. In caso di positività, qualsiasi test sierologico deve essere seguito da un tampone per escludere che l’infezione sia ancora in atto e che il soggetto sia quindi a rischio di malattia e potenzialmente contagioso.
Il tampone rimane infatti oggi lo standard di riferimento per documentare una infezione in atto.
In contesti difficili e dove è necessario testare molti soggetti in breve tempo e ripetutamente sul posto, i tamponi rapidi già oggi efficacemente sostituiscono il tampone tradizionale che deve essere analizzato in laboratorio. Si tratta comunque di una procedura minimamente invasiva, difficile da effettuare o soprattutto ripetere in soggetti fragili, che probabilmente sarà sostituita dai test sulla saliva, molto più semplici da eseguire e che sono in fase di approvazione.
QUADRO SINOTTICO
- I test sierologici rilevano gli anticorpi contro il Coronavirus nel sangue e documentano quindi un’infezione pregressa.
- Non rilevano un’ infezione in atto e devono quindi essere seguiti da un tampone in caso di positività.
- I test sierologici convenzionali vengono analizzati da un laboratorio su un prelievo di sangue venoso in 24-48 ore: sono molto sensibili e identificano più del 95% dei soggetti positivi.
- I test sierologici rapidi sono meno invasivi, prelevando poche gocce di sangue dalla puntura di un dito, non necessitano di un laboratorio e forniscono il risultato sul posto in 10 minuti: sono solo poco meno affidabili dei test sierologici convenzionali.
- Il tampone naso-faringeo rileva la presenza del virus e quindi una infezione in atto, mediante una tecnica di prelievo minimamente invasiva e poco fastidiosa.
- I tamponi convenzionali rilevano il materiale genetico del virus, necessitano l’analisi di un laboratorio (sono necessarie almeno 24-48 ore) e sono molto affidabili.
- I tamponi rapidi rilevano altro materiale virale, l’analisi si esegue sul posto in 15 minuti, ma sono un po’ meno affidabili: in media su 10 infetti, si rischia di non identificarne 1.
- In un futuro molto vicino, i test della presenza del virus nella saliva permetteranno metodi di prelievo meno invasivi e fastidiosi rispetto al tampone.
Lucio Rovati
Chief Executive Officer e Chief Scientific Officer di Rottapharm Biotech